martedì 30 novembre 1999

Di lavoro, sogni, nonni e bici

Se di notte passi in rassegna molti dei tuoi colleghi, il tuo lavoro è arrivato ad influenzare parecchio la tua vita: ciò è alquanto scontato, perché nell'ufficio si passano 8 ore la giorno, 5 giorni alla settimana. Praticamente 5/7 della tua vita. Se consideriamo che la metà di 7 è 3.5, possiamo vedere che è ben più della metà della nostra vita. Questa è la società in cui viviamo.

I sogni, comunque, stanotte, sono stati diversi. Non farò i nomi:

Stefano, account: ieri (nella vita reale) m'haa segnalato un problema su di un sito su cui sto lavorando e, nel sogno, io cerco di sistemarlo ma non riesco più a riprodurlo.

Alberto, web developer: nell'ufficio - e anche fuori, direi - è famoso per l'odore non proprio piacevole emanato dal suo corpo, oltre all'enormità fisica ed ai problemi di pelle. Se sta facendo qualcosa per risolvere questi problemi, niente da dire; se invece se ne fotte, allora io continuerò a parlarne male. Tornando al sogno.. con la sua autovettura antica e scassata, viene a prendermi alle 6 di mattina per andare in mtb in montagna (lui, che tipo da fare sforzi oltre a ciò che serve non sembrerebbe proprio!). Gli chiedo dove metto io la bici - la sua è sul portapacchi - lui mi dice che per ora non importa, ci dobbiamo incontrare con gli altri e poi ci penseremo. Salgo in auto e, per prima cosa, abbasso il finestrino a palla.
Comincia a guidare e va verso la Brianza. Conduce come un cretino e mi confida che lui ha paura di mettersi alla guida - tutto questo mentre procede a velocità folle. Sfila tra mille vetture; auto che vanno in contromano e noi che dobbiamo evitarle; quattro auto della polizia che ne inseguono una di un qualche delinquente e, in una curva strettissima, due rotolano via ed esplodono; aerei che, in lontananza, prendono fuoco e precipitano.. insomma, il solito scenario apocalittico che si presenta nei miei sogni. Per un po' sopporto lo stile di guida di Alberto, poi gli intimo di rallentare, non proprio gentilmente. Lui rallenta. Al che mi guardo intorno, perché il tempo è passato e non siamo ancora arrivati. Gli chiedo dove cazzo dobbiamo incontrarci con gli altri e mi risponde "Si, dai, lì davanti, a Loreto". Io gli dico che "Cazzo, deficiente, Loreto è dalla parte opposta. Vaffanculo, scendi, guido io, che cazzo, porca troia!" Ci scambiamo di posto e, con terrore, vedo che il finestrino al posto di guida non si può aprire: morirò asfissiato dall'olezzo. Il sogno finisce qui.

Paola, copy e Cristina, account: non ricordo cos'ho sognato di loro, ma mi ricordo che c'erano ed ho pure parlato con loro.

Chiudendo il discorso sui sogni di stanotte, ieri sera sono andato a cena con mio padre. Mi aveva già raccontato del viaggio di andata dei miei nonni (taxi li prende sotto casa a Kyoto, carica bagagli, porta ad Osaka, scarica bagagli e glieli carica su carrello, fanno check-in, vengono fatti accomodare nella lounge vip, servono loro tè, caffè, cibo, quando arriva il momento di salire in aereo, li fanno salire per primi). Questa volta mi ha raccontato della loro piccola disavventura nel viaggio di ritorno verso il Giappone. I miei nonni, 80+ anni, passano attraverso le macchine, in aeroporto, che fanno bip bip se hai cose metalliche. Infilano chiavi di casa, dell'auto e regali vari in un sacchetto, così da evitare che si metta a suonare il marchingegno. Salgono poi sull'aereo ed attendono la partenza. Finché il nonno si accorge d'aver dimenticato il sacchetto laggiù. Chiama la hostess e glielo dice.. insomma, mica roba da poco: sono le chiavi di casa e dell'auto. La hostess si mette in contatto con qualcuno della JAL (Japan Airlines) in aeroporto. Un tizio corre, prende il sacchetto e corre in aereo, per consegnarlo ai miei nonni. Finito di raccontarmi la storiella, ho pensato "Ecco, questo è Giappone (in questo caso avrei dovuto dire "questo è una compagnia giapponese", ma tant'è)" ed ho anche pensato che, fosse successo con altre linee aeree con cui ho avuto esperienza in passato, mi sarebbe stato detto che "Mi spiace, signore, non possiamo bloccare l'aereo perché lei ha dimenticato il sacchetto: avviseremo il personale di terra di controllare se il pacchetto c'è ancora ed eventualmente glielo faremo spedire".
Il racconto è finito con mio padre che mi diceva che i nonni non volevano raccontargli dell'episodio, perché non volevano farlo incazzare - mmmmm, chissà da dove ho preso il mio carattere, eh? - ma volevano comunque ringraziare il tizio che ha fatto la corsa per prendere il sacchetto; hanno perciò chiesto a mio padre di andare a Malpensa con un regalo e di lasciarlo al gentil signore, dovendo così raccontargli di ciò che è successo. E così ha fatto mio padre, il giorno dopo. E anche questo è Giappone, cazzo.

Volevo dire qualcosa della bici, solo che ora non mi ricordo più cosa. Cheppalle. Meno male che cioècchestoria questo è il web 2.0 e le cose si possono cambiare in un secondo momento.

1 commento:

  1. eh menomale che era la jal.. pensa tuo nonno che parla giapponese a una hostess dell'alitalia ihihihih..
    cmq grande!
    chissà la faccia del tizio di malpensa quando riceverà il regalo..

    d.

    RispondiElimina