Sì, mi viene, 'sta domanda: troppa banalità; troppa mancanza di quella creatività che tanto mi piace (ma è anche colpa mia); troppa la gente che in metropolitana si spintona per prendersi un posto a sedere che nemmeno il viaggio durasse tre ore; troppa la difficoltà crescente di adattarmi ad una società che più passa il tempo e più mi allontana.
Ci allontaniamo, brrrrmiao? Ci allontaniamo da questo piattume, da questo mondo di primedonne che sfondano il palco sotto il peso pesante di loro stesse?
Ma è vero, diamo tempo al tempo, e nell'attesa qualche spunto generato dal concerto dei Morkobot di venerdì sera. Se poi qualcuno volesse ribattere, è inutile: qui non si parla di "il rosso del semaforo è rosso", ma di sensazioni. E le sensazioni sono incontrollate, perciò difficilmente discutibili.
Questa volta, al Bloom di Mezzago, sono riuscito a resistere almeno 20 minuti alla loro musica: la prima volta fu al MI AMI 2007 e, come anche allora, mi hanno colpito per questa durata.
Io sono un po' fottuto: col passare del tempo i miei gusti musicali si addolciscono, si "melodizzano", ma sfortunatamente ancora non sono arrivato al punto da apprezzare le hit da classifica (a parte qualche eccezione passata, come qualcosa dei Take That, delle Spice Girls, degli 883, di Madonna, di Michael Jackson, di Eminem e così via, di eccezione in eccezione che non è poi tanto eccezione ma sicuramente più eccezione di tanti altri), arrivando però a non apprezzare più alcune cose troppo estreme come, appunto, i Morkobot e tutto il movimento che, per comodità, anziché definire super-giga-noise-extreme-sound-post-coital-levelling-post-jazz-rock, definirò semplicemente noise.
Mi manca la scintilla emozionale: per me, la musica, è emozione ed un'emozione si trasmette attraverso la comunicazione di qualcosa. In particolare ho notato che la voce è forse l'elemento che più riesce a convogliare significati e la sua mancanza risulta quindi in un muro impenetrabile di suoni e rumori.
Trovo anche estremamente importante la comunicazione verbale extra-musicale, con interventi vocali tra un brano e l'altro, perché ritengo che serva ad avvicinare l'artista al suo pubblico ("suo" perché se uno fa musica e la suona dal vivo dovrebbe almeno riconoscere che esiste della gente che si sposta per andare a dimostrargli il proprio supporto e, soprattutto, ringraziarla per questo, che altro non è che un dare e ricevere).
Credo che "artista e pubblico" sia un binomio musicalmente imprescindibile: nonostante la credenza popolare, il musicista vive del suo pubblico, mentre non è vero il contrario. Il musicista che non necessita del suo pubblico non è, in fondo, un musicista che della sua arte ne fa la principale fonte di vita. Vorrei vedere come Madonna potrebbe suonare in un palazzetto se solo 5 persone comprassero il suo ultimo disco e 3 persone comprassero il biglietto del suo spettacolo (sì, ok, è un esempio azzardato perché ormai lei può vivere di rendita, ma si capisce cosa intendo).
Tutto ciò si riassume in una frase semplice:
La musica ha un significato: nel momento in cui tale significato risulta chiaro solo a chi lancia il messaggio, smette di essere un messaggio diretto a qualcun altro.
E questo è quello che mi è successo con i Morkobot e, di più, con la band di supporto.
Amen.
ma guarda un pò che sono d'accordo con te...su quasi tutto..
RispondiEliminapreciso i quasi:
-il pubblico deve ringraziare me perchè gli sto offrendo un bagaglio di emozioni..
Se le stanno ricevendo, sennò secondo me non è dovuto un bel cazzo di ringraziamento da entrambe le parti.
-le sensazioni devono essere rispettate in quano tali, ma secondo me sono discutibilissime e criticabili come tutte le cose..