martedì 30 novembre 1999

Forse sarebbe il caso..

Forse sarebbe il caso di ricominciare a scrivere un po' su questo blog, dopo questo lungo, lunghissimo silenzio.
Non ora, ovviamente, perché sinceramente non ho cose interessanti da raccontare (c'è sempre Twitter per il pensierino del giorno), ma magari ricominciare a buttar giù sul cellulare quei brevi pensieri che mi passano per la testa, rielaborarli un pochino e poi metterli qua per iscritto, anziché spulciare il Corriere e dire "Ma da dove cazzo prendono 'sti dati?!?!?".
In fondo il quoting furioso è sintomo di mancanza di idee.. un po' come quando sei fuori a cena e si cominciano a raccontare barzellette perché non si sa più di cosa parlare. O perlomeno così dice la leggenda metropolitana. Mi è successo un paio di volte, in un qualche lontano passato.

Settimana scorsa ho voluto fare cose che non so fare (psicologicamente parlando) e mi sono infortunato ad una costola. Ciò mi ha costretto a prendere le distanze dalla dueruote per qualche tempo - si spera un paio di settimane. Così, questo fine settimana, approfittando del fatto che Ju non debba lavorare e che io non possa fare lo stupidino in bicicletta, faremo una breve trasferta a Venezia sabato, con stop over a Padova domenica, sulla via del ritorno.

Venezia.
Credo d'esserci stato millemilioni di anni fa, l'ultima volta.
Ricordo che, intorno ai 15 anni d'età, mi capitava ogni tanto di svegliarmi presto domenica mattina, incontrarmi con l'amichetto del cuore Daniddu ed il cuginetto Alex e montare sul treno delle 7.10 per recarci nella città lagunare.
Il panino al salame o al prosciutto cotto di plastica, sì, esatto, proprio quello sottovuoto, di una delizia deliziosa.. ecco, quello era il mio lauto pranzetto. E se il vendipanini tardava, la preoccupazione saliva e la saliva scendeva. Saliva scendeva saliva. Che cosa da geni.
Poi l'arrivo in quel di Venezia, dove.. beh, dove si camminava un po' di qua e un po' di là, senza meta. Senza senso, a dire il vero, ma era pur sempre una gita fuori porta che non finiva dal panettiere dietro casa.
Mi torna in mente anche la prima vera gita che avevo fatto con l'altro amico del cuore, Marco, quando avevo all'incirca 13/14 anni. Destinazione Cervia. Senza però dirlo ai propri genitori, che sennò non ci avrebbero lasciati andare.. no, dico, eravamo pur sempre due babbi di minchia piccolini che si volevano fare 4 ore di treno soli soletti per andare in una località marittima in bassa stagione. Senza motivo anche questo.
Ovvio, poi, che Mamma Uno avrebbe incontrato per strada Mamma Due e, chiacchierando, sarebbe saltato fuori qualcosa del tipo:
"BLABLA Masatomo è lì a casa vostra BLABLA"
"BLABLA ma come, Marco ha detto che veniva da voi BLABLA"
e che quindi la verità sarebbe venuta fuori.
Così, verso le 20, al ritorno, l'immancabile sfuriata, terminata però con una cosa come "E magari non dite ognuno la stessa cosa alla propria mamma quando è più che facile che le due mamme si incontrino, dato che sono amiche".

Comunque il primo vero viaggio solosoletto che si possa effettivamente definire tale lo feci solo intorno ai 16 anni. In Francia. A Frejus, per l'esattezza, con Jacopo.

Ma questa è un'altra storia, che racconterò un altra volta.

E quasi quasi riporto a capitoli il mio libro, che non vedrà mai la luce del sole.

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