martedì 25 settembre 2012

Mi è tornato in mente I (heart) Huckabees


Mi è tornato recentemente in mente uno dei migliori film che abbia mai visto in vita mia, perciò ho deciso di riproporre un post che avevo scritto taaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaanto tempo fa. Perché per me se uno non ha visto questo film è uno scemostupidocretino e l'unica cosa che può fare è riparare.
I (heart) HuckabeesIeri notte, non riuscendo a dormire, mi son messo su il dvd di "I Huckabees", il cui sito è visitabile andando qua. E' un film non proprio nuovo, è uscito nel 2004, ma quando lo vidi ne rimasi così colpito che mi rimase sempre la voglia di comprarlo. A Londra, dovendo completare il trittico di un "3 for £18", me lo sono trovato davanti e, senza esitazioni, l'ho acquistato.

E' un film assurdo e frenetico nei dialoghi. L'attore principale, Jason Schwartzman, con la sua calma esteriore controbilanciata da una schizofrenia interiore, è perfetto per la parte, lo stesso vale per Mark Wahlberg (già visto in "Three kings" - che mi è piaciuto alquanto - dello stesso regista e, per la roba più commerciale, nel "Pianeta delle scimmie"), che però ha un modo di parlare che fatico un po' a capire.

Per farvi capire di che tipo di film stiamo parlando, la pellicola comincia con Albert (che poi sarebbe Jason) che, tra un fuck e un shit, pensa di lasciare il lavoro e subito dopo di non lasciarlo, poi subito dopo di lasciarlo e subito dopo ancora di non lasciarlo, mentre cammina tranquillamente - quindi dentro un continuo "fuck, shit, fucker" e fuori rilassato - verso un masso in una specie di parco.. un masso rappresentante un piccolo pezzo del suddetto parco che lui e la sua Open Space sono riusciti a salvare da Huckabees, compagnia intenzionata a costruire in quest'area un nuovo centro commerciale. E giunto sul luogo, dedica al masso una poesia:

Nobody sits like this rock sits.
You rock, rock.
The rock just sits and is.
You show us how to just sit here
And that's what we need.


Dopo la poesia, rivolto ad un collega, dice di avere un appuntamento con un ragazzo africano. Il collega gli chiede: "Quale ragazzo africano?" e Albert, incalzante, risponde "Esatto, quale ragazzo africano?" e se ne va. Ed il film comincia.
Albert è alla ricerca del significato della coincidenza che lo ha portato ad incontrare questo ragazzo africano per ben tre volte e per arrivare alla soluzione decide di interpellare Bernard e Vivian, una coppia di detective esistenziali.
Il primo incontro con Vivian comincia con circa 20 secondi di silenzio durante i quali i due si guardano.. quando poi Albert si alza per andarsene, lei comincia a parlare. Dopo un primo discorso, lei salta fuori con la seguente domanda: "Hai mai trasceso lo spazio ed il tempo?" e lui risponde "Si... No... Tempo, non spazio..." e poi ammette "No, non so di cosa tu stia parlando".

Un altro momento degno di nota (e ce ne sono davvero tanti) è quando Albert e Brad usano il metodo di Caterine, una detective esistenziale francese, per smettere di pensare: si colpiscono in faccia con un pallone di gomma (presente quelli su cui ci si siede sopra e si rimbalza?) finchè ad un certo punto, con lo sguardo perso nel vuoto, hanno la mente completamente svuotata dei pensieri e ciò è bene, perchè il non pensare porta alla non sofferenza.

Lo si potrebbe definire un film filosofico-esistenziale, in cui c'è una lotta tra le due teorie "Siamo tutt'uno con ciò che ci circonda" e "Siamo soli nell'universo". Argomento incredibilmente pesante che però David Russell, il regista,  riesce a rendere digeribile senza alcun problema. Certo, è in un certo senso cerebrale soprattutto nei momenti in cui i dialoghi si fanno fitti fitti ed incalzanti, perchè in pochissimo tempo vengono inseriti concetti che necessiterebbero di ben più di 3 minuti per essere discussi e compresi.

Quanto ho scritto dovrebbe essere abbastanza per stimolare la curiosità delle persone intelligenti a cui è mirato questo post. Nel caso aveste ancora qualche dubbio, consiglio vivamente di andare a vedervi il trailer.

lunedì 24 settembre 2012

Un po' mi manca..

Ogni tanto, nonostante non abbia granché da raccontare, sento la mancanza del mio altro blog, sul quale scrivevo anticamente.. quello dove non mi chiamavo Masatomo e dove dicevo tutto quello che volevo dire senza aver paura di essere riconosciuto. Anche perché usavo nomi fittizi che descrivevano le persone (es. Magra, Ballerina, Robustina, BiondaScema e cose del genere), quindi difficilmente qualcuno mi avrebbe potuto riconoscere.

Ok, ci scrivevo solo in certi momenti di estrema, estremissima sincerità mista a estremo, estremissimo cinismo. Di solito si trattava di male di vivere legato a fanciulle; altre volte al bene di vivere legato a fanciulle. Cioè, nel senso, nel primo caso soffrivo tutto il soffribile che solo io nel mondo; nel secondo parlavo di sesso e di quanto la bambolina X mi piaceva così cosà ed era un mero oggetto sessuale mentre mi piaceva di più la bambolina Y ma che fatica uscirci, etc.. Ehm.. ecco, il tono più o meno era questo. Il tono. Perché le parole erano ben più esplicite. Ma andiamo oltre.

Il fatto che non ci scriva più (e con la morte di Splinder non esiste nemmeno più da nessuna parte, quindi sarebbe inutile fare una ricerca per Robustina o BiondaScema, anche perché erano nomi un po' più elaborati) significa che la mia vita si sia definitivamente, totalmente appiattita. Come viene riflesso anche dal fatto che non stia più scrivendo qua. Anche dal fatto che ogni tanto penso "Ehi, non scrivo più della mia vita ma scrivo solo di bici, eppure vorrei scrivere qualcosa di più!". Anche dal fatto che provo a ritrovare quel flow che mi faceva scrivere cose interessanti da leggere mentre ora faccio fatica a mantenere il focus su quello che sto scrivendo.

Ora come ora avrei una cosa da scrivere, ma non posso, perché nonostante sia passato a Blogger dopo circa 6 anni di inattività su Splinder e abbia perso del tutto il piccolo gruppettino di persone che mi seguivano regolarmente, in fondo sono qua come Masatomo e chiunque in qualsiasi momento potrebbe scrivermi.

Il timore dello sgamo, come sempre, è troppo potenzaviolenza. E io sono troppo paranoico.

Ma al di fuori della bici non esiste più niente che mi interessi?!?!?!?!?!?

giovedì 13 settembre 2012

Cambia qua, cambia là

Un giorno va tutto ok, poi per qualche motivo la gente si sveglia così cosà e di punto in bianco se ne salta fuori con sorprese che sei lì e dici "Eh?!?"
Ennesima dimostrazione di quanto tutti si lamentino che "Ma non ti fai mai sentire!" quando nemmeno loro lo fanno e poi invece è colpa tua.. Ma cos'è questo dare responsabilità agli altri che tu per primo non sei in grado di assumerti?
Come sono contento di essere l'egoista asociale solitario che sono..

mercoledì 22 agosto 2012

Domande strane

A volte mi faccio domande strane. Ad esempio: "Ma perché sto ingrassando?"
Poi però mi rendo conto che non sto per niente ingrassando, allora mi chiedo "Ma perché sono grasso?".
E quando mi rendo conto che invece sono magro, realizzo una cosa: mi faccio domande stupide. Tipo "Ma perché il rosso è rosso?"
Rispondendomi "Perché se fosse verde sarebbe verde" mi rendo decisamente conto che è proprio vero: mi pongo domande proprio stupide.

giovedì 16 agosto 2012

La sfida della seggiovia

La sfida della seggiovia
(una storia di Masatomo, con Riccardo Fasana e Riccardo Di, in quel di Spiazzi di Gromo).

"Ehi Masa", lancia la sfida, Fasana, "a metà, nel punto basso, saltiamo giù dalla seggiovia e poi ci risaltiamo su."
"Yeah boy, però facciamo una giravolta", concordiamo.

Fasana salta giù, fa la giravolta, risalta su. One point.

E' il mio turno.

Salto giù dalla seggiovia.

"Uh, e adesso.. cosa devo fare, cosa devo fare? Ah sì, fare una giravolta", la faccio.
"Yeah man, I'm da boss, ora devo risaltare sulla seggiovia", mi giro rivolto verso la seggiolina e la vedo arrivare verso di me più veloce di quanto pensassi.
"Jump!" ma mi dimentico che devo sedermici sopra, quindi dovrei saltare e rigirarmi.
"Ouch!", prendo la seggiovia sul petto. Fail.

Meno male che la seggiolina successiva è vuota. Intanto la mia bici si fa metà risalita da sola.

Fasana 1 - 0 Masatomo

martedì 14 agosto 2012

Cose strane

Succedono sempre cose strane.

Si dice che la gente cresca; che cambi, ma in verità rimane uguale dentro. No, è vero, non tutta la gente.
Io sono io sin da quando ero piccolo così e mangiavo i nikudango che faceva mio padre. I quali, ora che sono adulto, vengono bene anche a me.

Sai quando dicono che un bambino se ne fotte di quel giocattolo nell'armadio finché qualcuno non glielo porta via? Di quel balocco che, se avesse una voce, romperebbe i coglioni dalla mattina alla sera dicendoti "Ehi, giochiamo? Giochiamo?", un po' come un Furby?

Se il bambino fosse un po' adulto penserebbe a come disfarsene; penserebbe a quanto sia una scocciatura tirar fuori il giocattolo e giocarci; penserebbe che quell'altro giocattolo è più figo e appena possibile ci gioca perché è più meglio ma però.

Poi però cosa succede? Che quel giocattolo che nemmeno gli piace troppo se lo prende in mano un altro bambino. Per una distrazione, per una fatalità, per una minchiata. Giusto quei due minuti. Giusto il tempo di andare in bagno o a far merenda con la Girella e quando torna in camera l'armadio è aperto e quel bambino - quel bambino che non si sa come sia entrato in casa, ma è una metafora, per dio - è lì che gioca con quel giocattolino.
Allora no, cazzo, non va bene! Quello è il suo giocattolo; deve stare nel suo armadio, scherziamo? E quando succede è un casino, perché tutte le sensazioni del bambino vengono stravolte. Ok, un bambino non capisce un cazzo tendenzialmente, ma qui si stanno usando metafore, per dio..

Uhm "Language" di Porter Robinson mi risuona nelle orecchie e suona anche bene, anche se è un progressive che si sposta leggermente verso le parti più commerciali dell'elettronica. Mi vien da pensare che possa essere il prossimo Tiesto.

Ops, scusate per la digressione.

Dicevo sensazioni stravolte. Quello che non voleva ora lo vuole, anche se sa che non è vero. Infatti non è vero, ma entrano in gioco altri fattori. Come ad esempio il senso di possesso infantile. Beh, è un bambino, mi sembra normale. Quindi si torna a giocare. Finché poi non tornerà la visione dell'armadio. Pensando a quanto sia una scocciatura dover giocare con quel giocattolo.

C'è stato un lungo periodo, anni fa, in cui ero sommerso da brutte sensazioni. È stato il periodo più fertile artisticamente e brutto e bello della mia vita, prima che quest'ultima si appiattisse. Si è appiattita perché avevo cominciato a provare sensazioni belle. E le sensazioni belle, si sa, impigriscono la mente. Perché le continue sensazioni belle; le sensazioni piatte senza picchi verso l'alto o il basso sono adatte alle persone banali e inutili.

Che bello, ogni tanto, tornare a provare sensazioni brutte. Ti fanno sentire vivo.

Peccato che durerà poco.

domenica 12 agosto 2012

Post ferie

Le ferie in Francia sono finite.

Sei giorni di discesa in sella, di cui due nel fango con i flat e 4 con gli spd.
Sei giorni di alcol serale, tra birra e vino a go go.
Sei giorni di parlata pugliese inventata e sensoless.
Sei giorni col dolore alla mano sinistra, non ancora del tutto guarita dalla biopsia, ma chissenefott.
Sei giorni di pump track in modalità ubriaca che ti fanno entrare in curva e pompi quando sei ancora in piega e quindi la bici scivola via e il doppio lo fai strisciando.
Sei giorni in cui ancora non hai capito come cazzo si fa a saltare decentemente senza ogni volta tendere all'impunto.
Sei giorni di gasamento totale e stanchezza astrale.

Ma anche un giorno in cui dici "Ma non so andare in bici!" perché finisci a Champery e ti fai quei tre passaggi a mano o sulla chicken line perché non hai voglia di cadere su quelle pendenze esagerate.

Sei giorni fuck yeah.

E dopo i pesi fatti stamattina (dopo un mese fermo, sempre a causa della mano), ora mangio e vado a pedalare per smaltire un po' di quest'alcol che ho esageratamente ingollato.